lunedì 16 aprile 2007

E' lui il padrone di tutto. E senza il minimo dubbio in sei anni ha trasformato la campagna in città con grandi ondate alte di cemento. Ma in mezzo tiene duro una casettina in travertino, come un tesoro sepolto vivo, con il suo bel giardino fiorito, l'orto coi fagioli e Ciro, il merlo, un vero parente.

Tutti i giorni chiamano perchè vogliono comprarla per buttarla giù e poi tirare su un simpatico coso di otto piani con rifiniture di lusso.

Ma i due nonnini aspettano ancora gustandosi piano le stagioni a cucchiaini. Se poi li vedi leggere un libro antico come uno di Cronin, ecco sembra che sia finita tutta lì la pace del mondo.

Eppure i dubbi incedono lenti: forse si è dei poveri sciocchi a resistere a tutto quel cemento, a quelle antenne, all'assalto attorno di finestre alte con dietro musi curiosi.

E poi bisognerebbe imballare con delicatezza le abitudini dei due vecchi e portarle con cautela fuori dalla città per ripiantarle adagio in un posticino simile a quello di vent'anni fa.

Ogni tanto passo dentro. E quando mi siedo nell'orto mi cantano in testa le immagini più bucoliche: culi di vacca che ballonzolano allegri, siepi spettinate cariche di more, rondini in fila indiana...

Quando sono da loro, tra l'altro, mi meraviglia sempre che il telefono non suoni mai. Passato un certo tempo viene voglia di rispondere ad una suoneria, altrimenti ci infagotta l'ansia, come un allarme all'incontrario.

Ma un giorno hanno deciso di fare il grande passo. Sono venuta a prenderli per portarli dal grosso costruttore che, come una minaccia, ha promesso che li avrebbe "sistemati per sempre".

La sua reggia è un parallelepipedo, come quasi tutte le sue costruzioni, sembra un po' clinica di periferia e un po' l'azienda agricola d'un personaggio di Verga.

Certo, io non sono un tecnico e di case non capisco nulla, ma so riconoscere il Bello con dicvorante ineluttabilità, come un orfano sconsolato e mi domando perchè, se a costruire una casa bella costa quanto a costruire una casa brutta, scelga di fare, come i ciechi dentro, perdio, tutti quegli scatoloni!

Appena entrati, noi le solite bugie: siamo felici di conoscerla, dispiaciuti di disturbarla, commossi dalla gentilezza, incantati dalla casa. E lui anche: felice di riceverci, onorato di conoscerci..

Ci presenta la moglie-serva, sfiora la quarantina, ma ne dimostra cinquantatre di più della sua età. Ha i seni al posto della pancia e la pancia al posto delle ginocchia. Non è ancora stata informata che alle donne hanno dato il diritto di voto e pensa che sia tutta una storia che ci sia la felicità là fuori.

Ci ha offerto tre sedie di mogano con ricciolone anni-venti mentre diceva orgoglioso che non ha "mai fatto le ferie, ma solo tante economie, per arrivare dove è arrivato" e a me che devo fare gli interessi dei nonnini viene il freschetto giù per la schiena: come posso ottenere qualcosa con qualcuno che ama così tanto il denaro?

Mentre parla della sua vita fatta da sola, faticosa e fatta d'affari, all'improvviso maledisce i "senza-preti", che sono i comunisti, poi i "brutti culattoni", che sono gli omosessuali, le "come le bestie" che sono gli stranieri, i "tutti delinquenti", gli albanesi: sanguigno, urlante, rosso, "sparargli a vista!".

Racconta episodi che dovrebbero essere dimostrativi, emblematici, simbolici..

Si rivolge ai nonnini, si rivolge alla moglie, ma forse sono io il suo interlocutore, io, che sono diventata rossa sotto la cipria e provo una strana vergogna, come, sì, se avesse perso le mutande.

Dopo aver bevuto, ribevuto e strabevuto, servito dalla moglie-schiava, gli occhi, scopro, sono buchi neri, in fondo non c'è vita.

Ma anche la mia anima, come una cavallina confusa vuole scivolare e indietreggia.

E' pieno di diffidenza e di odio, lo si vede bene anche dalla casa: doppie porte blindate, finestre con sbarre, il divano con sopra un lenzuolo perchè non si usuri e questa salone-cucina, è così grande che il tavolo sembra una barchetta nel Pacifico. E' una casa che si potrebbe girare in bicicletta.

So che non è abituato ad essere interrotto e ancora meno contraddetto, ma ad un certo punto, dico: "Scusi, ma perchè ha picchiato a sangue uno solo perchè le ha messo una mano sulla coscia? Che altro modo ha un uomo per dire di essere attratto da un altro? Se non gli piaceva poteva semplicemente dirglielo."

Mi guarda per capire se sto scherzando, ma io sono il concentrato di ciò che c'è di più serio, poi guarda la moglie che scappa spaurita, i nonnini mi guardano smarriti, stanno andando dritti verso lo spavento.

"Ma era un culattone! Un finocchio! Uno sporcaccione!", rimbombano gli aggettivi nello stanzone. Gesti enormi, sconvolto di odio, parla di stupratori, pedofili, prostitute, di "quelli che arrivano a migliaia"... odio, odio, sento grandi cascate di sangue.

quello ha dei problemi!

Quanto a me sto male, guardo i vecchietti intimiditi, mentre quello ha preso l'onda, parla di morti, di quelli che farebbe con le sue mani, montagne in una fossa comune.

"Solo una cosa", dico ancora, "solo su d'un punto possiamo incontrarci: per lei un albanese è un essere umano?"

Mi sembrava una domanda pleonastica, introduttiva, solo per riconciliarci un po'. Ma grida di no!, no!, no!, naturalmente!, che credevo povera pinocchietta?

Un tempo amavo la lotta, amavo l'idealismo, amavo convincere, ne uscivo estenuata e felice.

Ora mi sembra tutto inutile. Prendo i vecchietti. li aiuto sui due gradini di granito in giardino e poi ci avviamo al cancello. "Gino, Rosa, forse è meglio che non vi muoviate dalla vostra casa: quelle nuove, davvero, sono sempre piene di freddo".

Post di prova

Il suo blog è stato creato, Chiara.

Un inchino,
Daniele